Il Giorno 19/12/03 Presso la Sala Amendola di Avenza , si è tenuta la presentazione
del CD “ Stede d’ tela” del Cantautore Carrarese Renzo Cantarelli. La Prof.ssa Rosa
Maria Galleni Pellegrini ha spiegato il progetto di fronte ad un numeroso pubblico.
Riportiamo la sua relazione completa:
La canzone che abbiamo ascoltato si intitola La Crocia ed è quella che apre il magnifico CD Stede d’ tela realizzato da Renzo Cantarelli. Per essere più esatti tuttavia il CD inizia – inaspettatamente – non con un canto , ma con tre voci femminili ognuna delle quali recita una strofa di uno Stabat Mater popolare in dialetto carrarino.
Stabat mater a la croza
la Madona a n’à pu voza
a n’avev pu lagrmon
dal dolor…….
Così la strofa centrale che rappresenta una madre, Maria senza più lacrime e senza più voce per il dolore che la attanaglia vedendo il proprio figlio soffrire fino all’estremo. La tragedia della Madonna si replica nel cuore umano ogni qualvolta scompaiono le persone più care. Non a caso a questo Stabat Mater segue La Crocia, una canzone densa di umano dolore dedicata , dal Cantarelli, al padre scomparso. “Ricordo – dicono i versi finali – le sue parole che giocavano con la vita, il suo violino che raccontava l’amore…..E’ riuscito a regalarmi i colori della musica”. Fu per lui quindi anche un maestro – il padre dell’autore era violinista – che lo condusse per mano nel mondo delle note.
E qui – facciamo una breve parentesi – per accennare all’interessante curriculum di Renzo Cantarelli. Figlio d’arte, ha preso lezioni di musica iniziando lo studio della chitarra già a otto anni. Lo vediamo appena quindicenne esibirsi, con il suo primo gruppo, in locali della Toscana e della Liguria con brani classici del periodo. In seguito realizzerà un repertorio tutto suo che ottiene un ampio successo e che è diffuso in tutto il territorio nazionale attraverso un Cd dal titolo Sensi e Dissensi che raccoglie otto brani di musica cantautoriale . Il suo secondo CD è appunto Stede d’ tela pubblicato di recente da Luna Editore, una casa editrice di La Spezia. Un’opera nuova, quest’ultima che avrà successivi svolgimenti. Il Cantarelli infatti sta già lavorando alla realizzazione di uno spettacolo teatrale, sviluppando temi e motivi presenti proprio in Stede d’ tela. Un modo di concretizzare nelle forme plastiche della danza e della recitazione il ricco e complesso linguaggio musicale delle sue più recenti composizioni. Un linguaggio col quale, nel suo campo, il nostro cantautore ha reso un grande omaggio alla cultura e alla storia del territorio.Di storia e cultura carrarese – e apuana in senso lato- è infatti intessuto il discorso del CD che oggi presentiamo, il quale si snoda attraverso pezzi musicali con un itinerario chiaro, logicamente concatenato , ricco di suggestioni molteplici, davvero inconsuete, che affascinano l’ascoltatore . Percorriamo insieme la strada tracciata dal Nostro ed avremo piacevoli sorprese. La canzone con cui si entra nell’argomento centrale, nucleo storico della narrazione ( ritengo lo Stabat Mater e la Crocia una premessa o un prologo), è intitolata Carrara 1602. La data è quella che contrassegna una famosa lettera di Alberico I Cybo Malaspina signore di Massa e Carrara diretta all’amico duca della Tripalda nella quale egli descrive i suoi stati. Cantarelli ce ne da un’ interpretazione riferita al nostro territorio o , per usare le sue parole, a “questo lembo di terra ( Carrara) riposto entro tre valli ( i tre bacini marmiferi) con il sole che sorge di fronte al mare vicino e con alle spalle sentieri di bianco che Dio ha disegnato….con i segni del lavoro dell’uomo che il tempo ha lasciato…” Lo sguardo abbraccia tutta la valle del Carrione e quindi si sofferma dove siamo noi ora , ad Avenza dove è nato l’autore.
Sul sentiero Lavenza si incontra al foresto che arriva
pare resti a dormire sdraiato tra il fiume e la riva
questo borgo di boschi di cacce di lepri e di gente
che muraglie maestose lo scopron gagliardo e imponente…..
Una vera e propria dichiarazione di amore che Renzo Cantarelli dedica al suo luogo nativo e all’intero territorio dai monti al mare. E’ un percorso questo dai monti al mare che il cantautore compie anche dal punto di vista del dialetto: Sono presenti infatti nel Cd accanto ad alcune canzoni in avenzino , altre in carrarino e una in marinello. Un’operazione davvero interessante sotto parecchi aspetti . Sottolinea l’unità nella molteplicità, e offre la possibilità di udire, confrontare e apprezzare le diverse voci e pronunce del dialetto parlato nelle zone del piano e della valle del Carrione: Carrara , Avenza, Marina. Mai fino ad oggi c’era stata data la possibilità di ascoltare in una stessa opera ben tre anime della parlata locale. Un lavoro coraggioso ed impegnativo questo del Cantarelli realizzato –altro motivo degno di apprezzamento – con grande rispetto per la sintassi e la fonetica delle tre varietà.Il presente Cd, Stede d’ tela, può essere quindi considerato anche come documento sonoro di voci dialettali a confronto tra loro. Voci che andrebbero fissate nella loro unica specificità, prima che scompaiano per sempre. Si è detto che le canzoni del nostro Cd ( al di là dell’introduzione generale, lo Stabat Mater e la Crocia) si aprono con Carrara 1602. Ed ecco, subito dopo questa canzone che ci presenta la città del marmo, Avenza e Marina così come apparivano nel secolo XVII, ci giunge una melodia diversa, un canto sacro in latino. E’ una composizione di un autore di quel secolo, nato intorno al 1640, a Colonnata: Giò Lorenzo Cattani, musicista di vaglia che andrebbe rivalutato. Si tratta della prima parte del “Sacrum Convivium” , un canto riferito alla comunione, momento solenne del rito quotidiano della messa in cui la Chiesa perpetua il memoriale della passione di Cristo.Un tema quindi che ripete lo Stabat Mater iniziale. La seconda parte di questo brano, in cui Cattani mette in musica il testo del dottore della Chiesa San Tommaso D’Aquino, compare dopo due canzoni. Dopo ancora altre due ascoltiamo un’ulteriore traduzione del grande aquinate sempre ad opera del Cattani, il Tantum Ergo dedicato all’adorazione del mistero eucaristico. Ritmi secenteschi, quindi si intervallano alle canzoni di Cantarelli sottolineandone i motivi principali e l’epoca in cui sono ambientate, o a cui si riferiscono le stesse. L’operazione dell’autore del Cd è complessa e suggestiva, culturalmente importante ed anche di grande impatto emotivo, se pensiamo che Cattani è uno dei personaggi più illustri di Colonnata assieme allo scultore poeta Danese Cattaneo ed a suo figlio Perseo che fu, tra l’altro, un funzionario di Alberico I, nonché Magnifico Rettore dell’Università Degli Studi di Pisa. Essa inoltre ha una duplice valenza. Innanzi tutto ci permette di ascoltare melodie di un autore poco conosciuto che, come si è detto, andrebbe rivalutato e riproposto. Inoltre ( attraverso l’uso del latino che fino a poco tempo fa risuonava nelle chiese ritmando le feste del calendario e i momenti più lieti e tristi dell’esistenza umana) presenta una delle favelle che risuonavano all’ora a Carrara. Latino quindi accanto al dialetto, come appunto Cantarelli interpreta la Leggenda di Marco Cavaliere, un’altra canzone del CD. A Carrara, come è noto, chiamano ‘L Cavad una scultura rappresentante un cavaliere che si getta tra le fiamme. L’opera ( secondo alcuni barocca, secondo i più addirittura di epoca Romana) esprime plasticamente il sacrificio del “migliore” per salvare la patria. Si tratta dell’eroe Curzio Marco che , secondo Tito Livio, verso il 393 a .C. si gettò armato in una voragine apertasi nel Foro, poiché gli auguri avevano annunciato che questa non si sarebbe chiusa se non si fosse gettato dentro a quel baratro quanto Roma aveva di meglio. Renzo Cantarelli immagina con grande sensibilità che la voragine a Roma si sia aperta perché gli dei sono indignati per la pesantezza del lavoro degli schiavi che a Carrara con fatiche immani, contribuivano a rendere sempre più bella la Roma imperiale.
I palazzi le strade e le piazze
sapevano di sangue e sudore
di quegli schiavi frustati e lasciati
a marcire in quel marmo, sotto il sole.
Il sacrificio dell’eroe romano porta ad una riflessione di scottante attualità con la quale si chiude la canzone.
…..e la storia è piena di fuochi
e di piazze che bruciano ancora.
Ecco un altro pregio dell’opera : le canzoni sono relative ad un epoca precisa, il ‘600, ma in realtà esse attraversano la storia e, dall’antichità, giungono ai nostri tempi. La trasposizione in versi e musica della Leggenda i Marco cavaliere non è un “unicum” nel Cd. Cantarelli ci presenta altre due storie popolari che fanno parte del nostro patrimonio culturale. In uno racconta la vicenda del bandito che a Codena finì poi per rifugiarsi in chiesa per non essere carcerato. Si tratta del diritto d’asilo concesso ai luoghi sacri di cui parla anche Manzoni quando Ludovico, poi Fra Cristoforo, si ritirò nel convento dei francescani dopo aver ucciso un uomo. Il nostro bandito restò dentro la chiesa di Codena per anni, con la “scusa” o meglio l’impegno di risistemare il pavimento. Una storia , questa, che è stata narrata da molti e compare anche nella guida di Carrara di Bizzarri e Gianpaoli. Un’altra canzone simile ( anche per l’andamento vivace e per l’accostamento del sacro al profano) è intitolata ‘L PUTIN. Il nome si riferisce alla cosiddetta edicola del Pudore, presente in piazza del Duomo nella facciata del palazzo che un tempo era l’antica sacrestia della chiesa. Si narra che lì venissero punite pubblicamente le prostitute, secondo la versione più accreditata accettata anche dal Cantarelli, l’altra parla di un’ insegna di levatrice. La canzone ‘l Putin, vivace, intensa, ricca di contrasti, ci ricorda un altro aspetto della Carrara popolare di allora e anche di tempi vicini al nostro
….i n’a visti ‘l putin
d’ biceri dal vin…..
Questo uno dei ritornelli che sottolineano la vita quotidiana che si svolge da secoli sotto gli occhi di questa piccola immagine, l’unica laica ( credo ) tra le tante cristiane, le maestà, che costellano le sovraporte e le facciate delle case. Una vita quotidiana soventemente segnata da tradimenti, da malversazioni spesso compiute da persone apparentemente “perbene”.
i n’a viste ‘l putin
d’ b’gota e b’ghin
Naturalmente il dialetto è carrarino puro. Siamo a appunto all’ombra del “ Gigante” com’è comunemente chiamata la statua fontana, opera di Baccio Bandinelli, che si erge possente in piazza del Duomo. Il ritmo è vivace il tono e l’argomento hanno il fascino dei “ cantica buriana” medioevali: un misto tra la religiosità e il laicismo, esaltazione di Dio e dei piaceri della vita mondana, espressi questi ultimi in termini schietti , tipici della parlata popolare. Il ritmo della canzone che segue – Lavenza ‘ n mag – ricorda invece antiche ballate medioevali. Ha la freschezza e l’incanto delle canzoni che celebrano il ritorno della primavera opera di poeti provenzali ; penso in particolare a Rimbaut de Vaqueiras. Lavenza ‘n mag trae spunto da un’usanza assai diffusa anche nella vicina Massa: il primo maggio era costume mettere un fiore , per lo più una rosa, sulla porta dove abitava la fanciulla amata e quindi si eleggeva la più bella , la reginetta di maggio. Una canzone bellissima in cui Avenza è rappresentata in un tripudio di rose e di belle fanciulle in un trionfo della primavera intesa come stagione e come momento della vita. “ Lavenza ( così si canta) è piena di fiori, di bocci di rosa in questo giorno di festa”. Tutta l’opera ( l’abbiamo accennato fin dall’inizio) è intessuta di due motivi, il divino e l’umano che si incontrano, si dividono e si ricongiungono nei momenti più critici della vita individuale, come appunto bene esprime la Crocia, la composizione che segue lo Stabat Mater. Non diversamente, a precedere l’ultimo canto, in dialetto marinello, c’è Madunina. Qui non è tanto l’individuo ma tutta la società carrarese che soffre e si raccomanda la sua “ storica” protettrice, la Madonna del Popolo, venerata nel Duomo, che nei secoli passati la difese dalla peste, dall’invasione delle truppe di Carlo VIII, e che farà altrettanto nella seconda guerra mondiale. Un verso in particolare si ricollega idealmente allo Stabat Mater
Madonna conosci il dolore
e le pene di una madre per il figlio.
L’ultimo brano suona invece nella parlata marinella e ha per argomento la vita e il lavoro del “buscaiol”. Una statua che lo rappresenta mentre trasporta sulla schiena una pesante lastra di marmo, opera di Felice Vatteroni, si erge sullo sfondo del porto. I buscaioli andavano alla “busca” cioé erano salariati ed organizzati in “garavane” come i lizzatori in “cumpagnie”. Cantarelli si mostra molto preciso nel descrivere storicamente e fisicamente il lavoro di questi antichi operai compiuto a stretto contatto col mare, il vento e la dura materia trasportata. Un canto profano, lo abbiamo definito, anche se il lavoro dell’uomo, qualsiasi esso sia, ha una sacralità intrinseca. La sua bellezza consiste anche nel ritmo musicale che riproduce i canti di lavoro e li interpreta. Nell’udirlo il nostro pensiero non può non riandare a tutti quei canti di lavoro simili e diversi ad un tempo che servirono, nel corso dei secoli, agli operai del marmo del monte e del piano, per coordinare i movimenti delle squadre nello spostamento dei blocchi, nella lizzatura. Un canto marinello, quindi , ma anche universale. Termina così anche il nostro percorso di lettura dell’ultima opera di Renzo Cantarelli, il Cd Stede d’ tela, e a chiusura ci piace citare due versi tratti dal CD precedente a questo poiché, a nostro giudizio, riassumono la filosofia dell’autore:
Canta, finché c’è voce c’è speranza, canta
canta, sugli occhi chiusi della gente , canta………
Rosa Maria Galleni Pellegrini
Avenza Sala Amendola, 19/ Dicembre 2003